Aldo Iori. 

Note all’inizio del millennio – Liber fluminis - IV.12

 
Vicino alla soglia meridionale della città una piccola cappella si apre sulla strada con una porta vetrata e grate che ne permettono la visione interna. Le pareti sono affrescate con immagini votive: la Madre di Dio in trono con il Figlio e, al Loro cospetto, alcuni Santi, che partecipano all’evento mistico della divinità, sono posti sulla parete a ponente e frontale rispetto all’osservatore che, proveniente dalla città o entrandovi attraverso la Porta di Monterone, sosta rispettoso davanti alla porta. Sotto le immagini principali è posto l’altare e tra di esso e l’ingresso, si apre nel pavimento una voragine rivelante la presenza di una antica cisterna che preclude al viandante l’adorazione se non dalla soglia. La cappella da molto tempo, forse dalla sua origine, risulta dedicata alla Madonna del Pozzo. Stefano Bonacci è stato chiamato, in occasione della manifestazione sul libro d’artista, ad intervenire in questo luogo con un segno contemporaneo. Egli colloca un elemento caratteristico del proprio linguaggio, un neon luminoso, che attraversa lo spazio dalla cavità profonda alla cappella sovrastante o viceversa, legando la presenza del divino alle fonti di vita terrene. Le opere più recenti dell’artista mettono spesso in evidenza il rapporto che sussiste tra il luogo e l’opera; già a Spoleto due anni or sono la luce rossa del neon rivelava la presenza di un tavolo al di sopra del quale la proiezione di una geometria richiamava il pensiero umanistico o più recentemente a Spello il neon traversava il varco della finestra dando luce ad un interno domestico messo in relazione con un’annunciazione di Jan Van Eyck, o ancora nella vicina Cascia già la luce di un’opera evidenziava la scrittura di particolari testi presenti nella biblioteca. A Spoleto l’icona della divinità viene ricondotta, con il trasalimento di una luce apparentemente costante, all’evento miracolistico quasi a rinnovare il pensiero che in origine condusse alla nominazione del luogo. L’arte contemporanea con il suo relazionarsi fisicamente con l’antico ricorda all’osservatore la stimolante condizione spazio temporale delle opere del passato. Condizionato da un’abitudine catalogatoria che pone i lavori degli artisti in un tempo determinato o all’interno di un percorso museale che troppo indulge a rapporti cronologici di causa ed effetto chi osserva non può dimenticare che l’opera è sempre strettamente legata al presente del suo momento epifanico, in un hic et nunc inalienabile. Lo sguardo la coglie nella contemporaneità dell’oggi e la relaziona con il proprio pensiero, come in un libro che si dischiude ogni volta a chi legge con parole che instaurano direttamente un rapporto con lui. Se il libro è semplicisticamente costituito da lettere poste in un certo ordine stabilito dall’autore, così l’opera visiva, antica o contemporanea, non è altro che pittura, bronzo, elementi polimaterici o luce posti con un determinato ordine su di un supporto o nello spazio. L’immagine che ne deriva, una donna con bambino, una natura morta, un lampo giorgionesco nell’oscurità, è solo un elemento del pensiero che le determina, una visione che l’opera porge all’elaborazione critica dell’osservatore.  (Aldo Iori. Note all’inizio del millennio – Liber fluminis - IV.12)



Note all’inizio del millennio – Tempeste venete a spoleto - IV.12


La Madre ha posto il figlio in grembo, come sempre. La grande Terra nutrice dell’antichità, colei mai fecondata e sempre feconda, Tellus posta tra la terra e il cielo, Genitrix dell’infinita serie di metamorfosi, mistero mai svelato dell’Emmanuele. Tra Lei e l’osservatore vi è la profondità del buio lacustre. Stante egli la fissa negli occhi, ma Lei solo noi guarda, decisa nella sua immensità. L’acqua profonda diviene simbolo di elemento fluente della rigenerazione, fonte di vita e di redenzione dall’immemore coscienza dei progenitori. Lei, da sempre natura, accoglie su di sé il mistero della nascita in forma di uomo.  Agli altri non è dato che stare in forma mistica al Loro cospetto. Forme d’uomo, pratiche quotidiane d’un tempo e architetture di un vissuto che anche qui divengono memoria di un passato che nel presente è comune testimone. L’armonia degli elementi umanizzati da un pensiero teso alla conquista di una coscienza rinnovata di sé si trasforma in un continuo rapporto di forme e immagini. Banditi gli schermi prospettici o i teoremi geometrici umanistici, lo spazio assume la densità vinciana, fluido entro il quale lo sguardo si affaccia per contemplare il ponte tra il maschile e il femminile, tra ciò che è stato e ciò che è ora. La tensione intellettuale cattura la luce e la dona all’umano rendendo simbolica l’apparizione del divino. Nel tempo sospeso dell’osservazione lo scoccare del lampo appare silente e metafisico. Asse energetico e tremolante del mondo, manifestazione dell’invisibile che per un attimo, qui reso infinito, si concede. L’oro spirituale si trasmuta squarciando le tenebre in fotone insostenibile e l’apparente casualità dell’evento permette al pensiero di traslare in una rinnovata e fruttifera contemplazione. (Aldo Iori. Note all’inizio del millennio – Tempeste venete a Spoleto - IV.12)


(Testo pubblicato in occasione  della mostra "LIBEROLIBROd'ARTISTALIBERO" 2° edizione,   Chiesetta della Madonna del Pozzo, Porta Monterone, Spoleto, 2004)