Nicola Mariani 

Intervista a Stefano Bonacci 



Nicola Mariani 

Come ti sei avvicinato all’arte e quando hai capito che questa era la tua strada? 


Stefano Bonacci 

All’età di 12 anni avevo già capito che il disegno e la pittura sarebbero state le mie compagne di vita. La scultura è arrivata più tardi verso i venti anni durante gli studi in Accademia.


Nicola Mariani 

Quali sono stati i tuoi principali riferimenti artistici, le esperienze formative, o gli artisti per te più importanti?


Stefano Bonacci 

Da adolescente affrontavo a modo mio i grandi artisti della pittura moderna Europea da Magritte a Mirò, da Morandi a Max Ernest, eseguendone copie ad olio su tela che poi mio padre regalava ad amici e parenti. Successivamente all’Accademia di Belle Arti i miei riferimenti divennero Tinguely e Duchamp. Infine come altri della mia generazione, subii il fascino di Joseph Beuys che, in una prospettiva tipicamente tedesca e quindi meravigliosamente descrittiva, ha fornito preziose indicazioni a molti degli artisti che hanno iniziato a lavorare negli anni ottanta e novanta. 

Le mie esperienze formative più importanti sono state però sicuramente quelle nate accanto agli artisti incontrati strada facendo: come Sauro Cardinali, sensibilissimo e prezioso docente, che mi ha seguito durante gli studi accademici; o come Remo Salvadori che con la sua idea di continuo infinito presente ha contribuito alla costruzione di un percorso che non ho ancora abbandonato. 

Il breve incontro poi con il padre dell’ happening Allan Kaprow mi ha permesso di capire meglio quel falso concetto di morte dell’arte e di fine delle utopie che ha trovato terreno fertile anche qui in Europa, dove il potenziale storico avrebbe dovuto invece indicare tutt’altra direzione. Devo poi fare un nome su tutti: Alberto Burri, che con la sua opera rimane un punto di riferimento importantissimo che definisce per me una misura di valore etico-artistico dalla quale non voglio prescindere. 


Nicola Mariani 

Potresti parlarmi un po’ di più di Allan Kaprow e Alberto Burri (che io considero due degli artisti più rilevanti della seconda metà del XX Secolo)? Perché sono per te così importanti questi due artisti? 


Stefano Bonacci 

Ho conosciuto Kaprow frequentando il corso della Fondazione Ratti di Como nel 1998.

Di questo artista ho apprezzato la dimensione ludica e la rivoluzionaria idea di poter giocare con la vita, con il proprio corpo, con il proprio comportamento, con le proprie azioni e con qualsiasi materiale, persino con l’immondizia. Questa dimensione di apparente leggerezza, porta l’arte a dissolversi totalmente con la vita, senza lasciare traccia; un’arte invisibile e impalpabile al limite tra pratiche meditative e giochi da bambini, un’arte la cui forma si sottrae sempre più al visibile in favore di un’azione improbabile, un’arte antispettacolare, oggi sempre più rara.


Burri percorre invece la direzione opposta: l’estetica formale in Burri è tutto, un tutto privo di superfluo. Il rigore compositivo e l’armonia sostituiscono in Burri ogni teoria, ogni azione. L’uomo qui, è presente solo come mitologia, il corpo è presente nelle linee tracciate e l’etica nel silenzio della materia trasformata in immagine perfetta. Non ci sono intermediari tra noi e l’opera, c’è solo luce e armonia. 

E questo è qualcosa di ancor più difficile da incontrare oggi.

Nicola Mariani 

Quanto contano per te l’equilibrio e l’armonia?


Stefano Bonacci 

Ogni opera d’arte tende all’armonia e al massimo dell’equilibrio anche quando l’artista, sconvolgendo tutti i canoni e le regole accademiche, crea opere dirompenti e sconcertanti. 


Nicola Mariani 

Le tue opere fanno a volte riferimento esplicito al mondo della natura. Penso, ad esempio, ad alcune serie di dipinti come i Batteri, le Nebule, o le Forme del tempo e a un certo biomorfismo presente in esse. Ma penso anche ad alcune sculture o installazioni, in cui gli elementi naturali vengono combinati con componenti meccaniche, o comunque artificiali. 


Qual è il tuo rapporto artistico con la natura e come si è evoluto nel tempo questo rapporto?


Stefano Bonacci 

Credo che ogni nostro gesto artistico ricalchi modalità simili a quelle che la natura impiega per definire la propria forma, anche se il prodotto di queste azioni incide su una dimensione puramente metafisica. Per questo l’arte è sempre contro natura. Nelle mie opere ho utilizzato elementi naturali solo per evidenziare il limite della forma, cioè per verificare l’ultimo stadio di una immagine. Oggi lavoro su ciò che sta alla radice della forma e cioè sul principio geometrico del disegno.


Nicola Mariani 

Tu sei nato e vivi attualmente in una regione d’Italia, l’Umbria, in cui il rapporto stretto e intenso tra l’uomo e la natura costituisce da sempre un elemento culturale molto forte. E dove è presente anche una certa tradizionale tendenza alla contemplazione e all’introspezione. Forse ciò si deve, in parte, anche alla particolare conformazione geografica e geologica di questa terra, alle sue colline e ai suoi incantevoli paesaggi, che sono stati riprodotti e rappresentati da molti artisti. 


Credi che le tue radici abbiano influito in qualche modo sulla formazione della tua sensibilità estetica o sullo sviluppo del tuo personale discorso creativo?


Stefano Bonacci 

Il territorio, con la sua storia e la sua cultura è forse oggi l’unico elemento capace di produrre differenze in un ambiente sempre più segnato dalla mimesi reciproca delle forme. Questa differenza che sento possibile, non è però legata ne agli aspetti politici ne a quelli sociali del territorio, ma ad un particolare genius loci. 

Quello che in ogni caso ha sicuramente influito sull’opera di molti dei pittori centro-italiani è certamente, come tu dici, la conformazione di questa terra e aggiungerei anche la qualità della luce. 


Nicola Mariani 

Cos’ha di particolare la luce del Centro Italia? 


Stefano Bonacci 

La luce da noi, varia in maniera considerevole da stagione a stagione. Se si prende per esempio la luce d’agosto si scopre una luce senza pietà, che non nasconde nulla, che arroventa le pietre immobili lungo i corsi d’acqua creando ombre che non forniscono alcun riparo. In inverno, nei mesi di gennaio e febbraio invece, la luce si fa opalina, plumbea e malinconica. 

I colori e le materie utilizzate da alcuni pittori umbri riflettono questa radicalità dettata da una luce estremamente calda d’estate e freddissima d’inverno.


Nicola Mariani 

Che importanza ha per te la luce? Come “gestisci” questo elemento nelle tue opere?


La luce è da sempre uno degli elementi più importanti per gli artisti: un tempo era la luce spirituale a guidarli nel loro lavoro, poi fu la luce intellettuale a modificare lo spazio dell’opera che divenne rappresentazione prospettica e scientifica, infine grazie alla luce metafisica l’opera d’arte uscì dalla cornice per entrare nella realtà, creando molte zone d’ombra. Ora che la luce è totalmente artificiale e che l’ombra sembra dissolversi, l’opera è costretta a giocare un ruolo molto difficile nella società, rischiando continuamente di scomparire.


Nicola Mariani 

Che importanza ha per te la dimensione corporea, umana?


Stefano Bonacci 

Per quanto un artista si sforzi di dipingere o rappresentare un dato soggetto alla fine realizzerà sempre un perfetto autoritratto. Il corpo è sicuramente la prima fonte di riflessione per un artista. In particolare credo di poter affermare che nel volto dell’artista sono presenti tutte le linee e tutti i rapporti formali che egli utilizza e che utilizzerà per realizzare le proprie immagini. I miei studi di testa tendono a verificare questi rapporti.


Nicola Mariani 

La regione in cui vivi è un territorio con un’antica e ricchissima tradizione artistica e culturale. In cui si fondono sedimentazioni storiche concrete, perfettamente integrate tra loro. Si potrebbe dire, infatti, che molte delle città umbre offrono un peculiare panorama estetico che propone, simultaneamente, una pluralità di punti di vista artistici sul mondo; come se fossero, per così dire, delle “ere iconologiche” sovrapposte nel tempo. Penso ad alcuni elementi strutturali delle civiltà etrusca e romana, che convivono, nel presente, con l’architettura medievale, tipica di molte città umbre. Penso anche (ma solo per citare alcuni tra i tanti esempi che si potrebbero fare) agli affreschi di Giotto di Assisi, o di Benozzo Gozzoli di Montefalco, o all’opera di Pietro Vannucci, il Perugino, al suo studio attento dei paesaggi e degli sfondi, e alla ricchezza della sua gamma cromatica. Ma penso anche alle modernissime scale mobili, costruite solo pochi decenni fa, che attraversano il cuore della medievale Rocca Paolina di Perugia, creando quasi un ponte metafisico tra passato e presente. 


Come giudichi questa complessità di elementi? Credi che tutto ciò abbia potuto incidere, in qualche modo, sulla tua personale ricerca creativa? 


Stefano Bonacci 

Nella stratificazione architettonica e nella contaminazione degli stili è contenuta sicuramente una grande ricchezza d’immagini. Quello che mi affascina di più dell’architettura giunta fino a noi dai secoli passati, è proprio la capacità d’aver creato in tempi lunghissimi forme intimamente organiche. Probabilmente ogni mia opera è frutto di una simile stratificazione, che è poi anche stratificazione di immagini. Viviamo vicino ai capolavori dell’arte rinascimentale, ad un passo dalle più belle e misteriose architetture gotiche, sopra e a fianco delle pietre etrusche che ci guardano da più di mille anni. Se si nasce e si vive in questi luoghi, non si può che rimanere segnati da questa sorprendente armonia delle differenze. 


Nicola Mariani 

Nelle tue opere io vedo un discorso artistico totale e coraggioso, che non ha mai paura di varcare soglie e confini, pur di esprimersi fino in fondo. Ho, cioè, la sensazione che sia quasi l’opera stessa, di volta in volta, come fosse un’entità “viva”, a richiedere di per sé una tecnica o un materiale, anziché un altro, pur di giungere al suo compimento. In questo senso, io definirei la tua come un’arte “senza limiti”. 


Che ne pensi? Mi puoi parlare di come si sviluppa il processo del tuo lavoro creativo?


Stefano Bonacci 

I limiti esistono e sono anche moltissimi. Sono proprio i limiti che creano struttura. Senza limiti non esisterebbe alcuna forma. Ed è proprio questa capacità dell’arte di aderire ai limiti che rende possibile la vita all’interno del quadro.

Non posso parlarti più precisamente dei processi che guidano l’esecuzione dell’opera se non dicendoti che tali processi si fondano sul rapporto che essi stessi instaurano di volta in volta con la materia e la forma. 


Nicola Mariani 

Cosa ricerchi principalmente nell’esecuzione di un’opera? Come capisci che un’opera è giunta al suo compimento?


Stefano Bonacci 

Nell’esecuzione di un’opera non ricerco nulla; al termine ricerca sostituirei visione, che si adatta meglio a quell’indescrivibile sensazione che l’artista prova quando vede la sua opera per la prima volta. Se c’è nell’arte un aspetto che riguarda in qualche maniera la ricerca, questo va individuato nel percorso che lo sguardo dell’artista compie durante l’arco dell’intera sua vita, ma c’è anche la questione della tecnica, che in arte coincide con ideale e con forma; in questo caso ricercare coincide con individuare. Tutti questi aspetti partecipano in totale comunione alla formazione di un’opera. 

A proposito poi, della compiutezza dell’opera, credo che una delle risposte più radicali sia stata data da Roman Opalka. 


Nicola Mariani 

Frequenti spesso i musei?

Stefano Bonacci 

Ogni volta che se ne presenta l’occasione


Nicola Mariani 

Che cosa significa par te la parola “arte”?


Stefano Bonacci 

Alla parola arte mi piace associare il senso antico di andare, mettere in moto, muoversi verso qualcosa.


Nicola Mariani 

Cos’è per te un fatto “artistico”?


Stefano Bonacci 

Ecco visto che sei a Madrid entra al museo del Prado e vai a vedere El triunfo de Baco di Velázquez. Quello è per me un fatto artistico.


Nicola Mariani 

Se tu potessi scegliere, quale o quali opere d’arte ti piacerebbe avere in casa?


Stefano Bonacci 

Terrei volentieri Guernica di Picasso ma purtroppo non ho spazio..


Nicola Mariani 

Perché?


Stefano Bonacci 

La trovo bella.


Nicola Mariani 

Pensi che l’arte debba essere anche “bella”?


Stefano Bonacci 

L’arte è sempre bella. Arte coincide con Bellezza. Non esiste arte brutta, perché semplicemente non è arte. 


Nicola Mariani 

Che cos’è per te la bellezza? 

Stefano Bonacci 

E’ un silenzio fragoroso, una luce accecante nelle tenebre, un’insopportabile leggerezza. 


Nicola Mariani 

Quanto conta per te e per la tua arte la dimensione emotiva?


Stefano Bonacci 

Lascio sempre da parte le emozioni quando realizzo un’opera. 


Nicola Mariani 

Che cosa ti emoziona? 

Stefano Bonacci 

Tra le opere d’arte, visto che parliamo di questo, mi emozionano soprattutto quelle realizzate tra il 1430 e il 1479.


Nicola Mariani 

C’è un discorso, o semplicemente una costante, che ti spinge alla coerenza nel tuo percorso artistico? 


Stefano Bonacci 

La costante è la necessità di realizzare opere, che poi si materializzano in forma di disegno di pittura o di scultura. Io realizzo delle cose che come dici tu sono fatti artistici e che, come io spero, sono in grado di colpire in qualche modo lo spettatore. Chi osserva queste cose ha la possibilità di fare un’esperienza visiva diretta immediata, un’esperienza unica che si impone alla velocità della luce. Analizzare il mio percorso di artista e capirne la coerenza non dipende da me e soprattutto non sono io ad analizzare ciò che faccio, tuttalpiù posso fare delle scelte che non sempre sono dettate dal cervello… L’opera d’arte per me è imprevedibile, inclassificabile e per sua stessa natura aliena alla società contemporanea.


Nicola Mariani 

Questo significa che nella nostra società c’è sempre meno spazio per l’arte?


Stefano Bonacci 

Questo è molto probabile.


Nicola Mariani 

Oggi si parla molto di consumismo dell’arte, cioè della tendenza ad approcciare l’arte in modo “usa e getta” e a giudicare le opere e gli artisti soprattutto per la loro resa economico-finanziaria o in termini di audience (cioè di numero di visitatori alle esposizioni). Alcuni sostengono che ciò stia conducendo l’arte a un suo sostanziale dissolvimento, o liquefazione. Tu credi che viviamo davvero in un’epoca di deriva dell’arte?


Stefano Bonacci 

No, non lo credo affatto. L’arte non è mai alla deriva. Alla deriva può andare il sistema dell’arte ma mai l’opera d’arte. Questa può al massimo perdersi o scomparire, per poi magari riapparire dopo secoli, perché rimane comunque sempre ancorata alla sua origine di opera. Bisogna saper distinguere opera da opera perché non tutto è buono e non tutto è arte. Se non si distingue, allora si cade nell’indistinguibile che è ben diverso dall’indifferente duchampiano. La macchina che poi porta l’opera al successo ed alla notorietà è un falso problema che alcuni critici hanno voluto enfatizzare per nascondere la loro incapacità di riconoscere l’arte dalla non arte.


Nicola Mariani 

Leggendo Spazi della cattedrale interiore, mi ha colpito una tua affermazione, in cui sostenevi che generalmente non ti poni il problema di perseguire un tuo stile personale riconoscibile. O per lo meno ciò non costituisce una tua priorità. Al contrario, sostenevi che lo stile rischia di essere un ostacolo per la tua libertà creativa. Potresti approfondire questo punto?


Stefano Bonacci 

Io credo che la forma deve poter essere libera di manifestarsi entro i limiti del conoscibile e poter seguire le regole, mai completamente codificate che l’artista ha dissotterrato faticosamente e che sono continuamente soggette a variazioni.

Se questa forma nel tempo, rivela agli occhi dell’osservatore uno stile (nel senso che Delacroix ha dato a questa parola), io non posso che esserne felice. Per un artista lavorare tenendo presente il proprio stile può rivelarsi invece molto pericoloso.


Nicola Mariani 

Recentemente [19 Giugno-14 Settembre 2008, ndr] hai partecipato alla XV Edizione dell’Esposizione Quadriennale di Roma, dedicata agli artisti più significativi del panorama italiano degli ultimi vent’anni. Puoi parlarmi un po’ dell’opera ένα και πέντε [neon, ferro, vetro cattedrale, cavi elettrici, cm 442x446x46, ndr] che hai presentato in quella occasione?


Stefano Bonacci 

L’opera è in relazione con le teorie del colore psicologico e con l’iconografia filosofica greca. 

Per me è come un varco chiuso e aperto allo stesso tempo.


Nicola Mariani 

Che cosa significa il titolo dell’opera? 


Stefano Bonacci 

Uno e cinque.



Nicola Mariani 

Come è andata la mostra? 


Stefano Bonacci 

Tutto è andato come scritto nel copione di quel teatrino che è il sistema dell’arte.


Nicola Mariani 

Come vedi la proposta creativa dell’arte italiana in questo momento?


Stefano Bonacci 

Dal mio punto di vista, ci sono almeno trentatre artisti validi oggi in italia.


Nicola Mariani 

Tu lavori molto anche all’estero, sia in paesi nordici come Regno Unito, Germania o Danimarca, sia in paesi che si affacciano più verso est e verso sud come Bosnia Herzegovina o Cipro. Quest’anno hai esposto anche a Pechino. Come vengono accolte le tue esposizioni all’estero? Ci sono differenze tra i pubblici dei vari paesi?


Stefano Bonacci 

Non vedo grandi differenze tra paese e paese, le uniche differenze che riconosco sono quelle tra persona e persona.


Nicola Mariani 

Che differenza c’è tra lavorare in Italia e lavorare all’estero?


Stefano Bonacci 

Lavorare all’estero è sempre piacevole perché viaggi e viaggiare è una delle cose più belle che ti possano capitare.


Nicola Mariani 

Credi che ci sia qualcosa che accomuna gli artisti della tua generazione?


Stefano Bonacci 

Formalmente nessuna, ideologicamente nessuna, tecnicamente nessuna. Se esiste qualcosa che accomuna gli artisti della mia generazione tra loro è proprio la mancanza di questo qualcosa.


Nicola Mariani 

C’è qualche artista o qualche tendenza di oggi che apprezzi particolarmente?


Stefano Bonacci 

Posso dirti cosa non apprezzo e cioè l’arte che si crede impegnata politicamente, l’arte che si definisce sociale, l’arte che fa spettacolo, l’arte che urla per farsi sentire, l’arte degli stilisti di moda e degli architetti e infine l’arte di prostituirsi e di masturbarsi, che oggi va molto di moda.


(testo pubblicato su "Arte y sociedad", Madrid 2010)