Aldo Iori
Scriptorium
Scriptorium. Il luogo gli si parò dinanzi e vi entrò. Era nascosto e intimo. Gli odori della terra parevano lontani e la natura assente. La geometria costruttiva disegnava lo spazio in proporzionalità apparentemente lontane dalle organicità esterne. Emanava un senso di protezione e di accoglienza. Grandi aperture lasciavano entrare l'ancora abbondante luce del sole che in un'esplosione infuocata calava verso ponente. Dei tavoli scandivano la spazialità del luogo; essi erano logico supporto per l'esercizio della scrittura e anche per la copiatura delle specie vegetali. Un fiore secco di Agrostemma era posato su uno di essi.
In "Giardino segreto" Stefano Bonacci rovescia completamente all'interno della propria ricerca il problema posto dal riferimento allo spazio naturale. L'osservatore è ammesso in una postazione particolare, punto di vista privilegiato ed unico dalla quale l'opera è visibile. In uno spazio oscurato è visibile un tavolo illuminato inferiormente da un'emanazione di luce rossa. Sul muro, in alto, la proiezione luminosa di una forma geometrica particolare: una serie di triangoli rendono possibili differenti letture. Una piramide vacua a base triangolare con un lato ribaltato e deformato sul piano di base; un quadrato suddiviso dalle due diagonali e la costruzione proporzionale della proiezione della misura di un suo lato; uno strano tangram di cinque pezzi. Il tre e il cinque si combinano a formare figure e proporzionalità attinte da solidi geometrici perfetti. I medesimi elementi costituivano un lavoro sospeso a Prato, due estati fa, un poliedro di cui un lato era sostituito da un neon rosso. Nel lavoro seguente a Perugia la geometria di una scala a pioli si legava con la tensione di una lunga sbarra di ottone tangente a una parete del luogo. In un'opera più recente, sempre a Perugia, una grande piramide nera opaca era collocata con la base sul muro laterale dello spazio segnando una presenza ingombrante; l'osservatore la coglieva pienamente solo nella vista laterale possibile dall'entrata ed era costretto a circumnavigarne la forma con il proprio corpo e il proprio sguardo. Il vertice segnava anche la materializzazione di un cono visivo caro alla tradizione dell'ottica rinascimentale. La geometria è elemento semplificativo di un'impossibilità descrittiva, di un voler porre in essere solo l'essenzialità di una forma scultorea. Qui diviene visualizzazione persistente dell'immagine di un luogo mentale dell'ignoto abitante dello spazio (l'artista stesso?). Se il giardino è luogo pensato, prima che immaginato, esso assume forma ermetica e concettuale attraverso la sua trasposizione in proporzioni assolute. Il titolo induce inoltre a pensare all'opera come possibilità di mostrare il luogo dell'artefice. Un segreto luogo, un giardino protetto e nascosto, dove per una volta l'osservatore- voyeur è ammesso. Dove l'artista progetta, genera, elabora, coltiva e permette la crescita alle proprie idee che si evidenziano in immagini.
(Testo critico pubblicato in occasione della mostra "De Mentis Hortis ", Galleria D’Arte Moderna Giovanni Carandente, Spoleto 2002)