Aldo Iori

Il tempo dello sguardo naturale



Stefano Bonacci è interessato ad operare su differenti e distinti livelli continuamente intersecati l’uno con l’altro. La natura è oggetto di specifica attenzione ed essa viene intesa sia come fenomeno che elemento portato alla visione. Il pensiero speculativo di riferimento investe le problematiche che riguardano l’artificialità, il rigore metodologico, l’uso della geometria e della proporzionalità di derivazione classico-rinascimentale; l’elaborazione e l’uso di differenti tecniche sono adottate secondo lo specifico dell’opera, da quelle più tradizionali all’uso del neon o del computer; infine, egli intende ancora aperta e oggetto di riflessione la questione del rapporto tra l’opera e lo spazio-tempo nel quale trova confronto con lo sguardo dell’osservatore.

La considerazione di questi fattori induce l’artista ad un modus operandi generatore di un percorso che se può apparire di una rimproverabile incoerenza stilistica, questa nel tempo diviene elemento di forza, di rinnovamento e di libertà.  Bonacci mantiene così vivi più livelli di profondità del lavoro nel suo insieme.


Nelle sue opere si nota l’interesse ad un confronto con ciò che è altro da sé. Egli osserva la natura trovando in essa l’armonia che la storia dell’arte di ogni tempo ha tradotto in opere e che il pensiero razionale ha individuato e studiato. La sua frequentazione del pensiero scientifico e illuminista, lo porta a elaborare la convinzione che il mondo naturale è sorretto da regole che l’uomo deve, tramite il proprio intelletto, rivelare e fare proprie. L’arte diviene così strumento primo per l’osservazione e la definizione di un rapporto che conduca, all’edificazione dell’opera. Questa, dopo l’alchemico percorso di trasformazione della materia, risulta sostenuta anch’essa da parallele regole e processualità. Il controllo intellettuale è rigoroso quanto talvolta empatico. L’artista, come parte esso stesso del mondo, osserva ed è spinto necessariamente al fare, avendo come fine non l’utile funzionalità meccanica né la curiosità esplorativa ma la costituzione di un dono che contenga in sé l’immagine del pensiero sul mondo.


Nelle mostre più recenti egli sperimenta, con esperto controllo tecnico, il dilagare del colore sulla superficie di gesso, sul foglio o sulla tela fino a raggiungere un’immagine interrotta in un momento sospeso che rivela un’elevata tensione verso l’idea di perfezione possibile. Egli, anche in questi casi, presenta i risultati non singolarmente ma in gruppi che ricompongono la forma tonda alla quale essi stessi nel loro singolo tendono. Le opere si mostrano congiuntamente le une alla altre come in un gruppo familiare. La volontà è naturalmente quella di ricondurre ad una centralità sia dell’artefice, che svela, sia dell’osservatore scientifico, che campiona ciò che ha tra le mani, lo studia, lo modifica e in questo ne rende evidenti le regole. In questi gruppi risulta evidente una caratteristica delle singole opere: l’artista la definisce come ‘vocazione all’anonimato’. Ognuna di esse è affermativa indubbiamente di una propria presenza ma non in quanto unicum, piuttosto quale exemplum di una molteplice serie di opere possibili: come ‘quella’ foglia è nella sua bellezza indicativa della bellezza di altre molteplici foglie. 


Il caso è nelle cose naturali ed è spesso dettato da regole complesse di cui si possono solo osservare i risultati. La reiterazione dell’esperimento presuppone la conoscenza tecnica che sovrintende la sua elaborazione per controllare o indirizzare gli eventi. Elaborata la regola essa viene applicata nelle sue infinite possibilità di variazione dettate dal rapporto tra l’apparente caso, la regola nascosta, e il controllo intellettivo; il loro potere evocativo è indotto sia nella singola pittura sia nella soluzione aggregativa adottata.


Forme del tempo è un nuovo corpo quadridimensionale nel quale, come sottolineato nella titolazione, il tempo è presente. Un tempo dell’osservazione, della meditazione sull’evento e dello sguardo al quale è consegnato. Il momento è estrapolato da una sua condizione progressiva e reso istante sospeso in una situazione spaziale che è luogo di verifica di nuovi rapporti proporzionali e cromatici. Nature morte indubbiamente contrassegnate da una condizione esemplare che le distacca dal mondo fisico di appartenenza per consegnarle ad una possibile metafisica.


Come nella lunga storia dell’arte la natura è anche oggetto e luogo da osservare da una posizione privilegiata, come evento paesaggistico (caro all’arte italiana) con il quale l’artista e parimenti l’osservatore, deve spesso confrontarsi. L’artista quando è chiamato a realizzare opere in siti naturali cerca un immediato rapporto con la natura presente e il rispecchiarsi della natura nell’opera stessa. Nel 2004 al Burghley Sculpture Garden in occasione della mostra Sculpture Drawings a Stamford, realizza Open una soglia specchiante immersa nel verde del giardino inglese. L’opera in contatto diretto con lo spazio naturale perde la propria materialità e diviene invisibile assorbita all’interno dell’immagine del paesaggio.


Nelle opere di Stefano Bonacci tutto appare posto in gioco sempre più in un campo di confine tra ciò che ancora consideriamo scultura e pittura, in un luogo dove le regole sono forse più ferree e precise che altrove, per cui non sono possibili fughe e facili scarti laterali. La condizione dell’arte esige oggi più che mai nette prese di posizione per affermare ancora una sua possibilità a fornire vitali quesiti e possibili risposte.

Il riferirsi di Stefano Bonacci alla natura, alla condizione della visione e della costruzione proporzionale dello spazio, l’attenzione ai materiali e alla loro lavorazione lo pone in una continuamente rinnovata condizione di privilegiato artefice di sapienti alchimie visive. L’artista in questi anni sta definendo un universo particolare di opere che continuamente ruotano intorno a nodi e riflessioni alle quali di volta in volta è data possibile definizione;. L’inedita ricerca dell’artista si inserisce così in un momento speculativo del mondo artistico contemporaneo il cui la questione è il luogo d’interesse e non le risposte ai possibili quesiti. Le opere di Bonacci sono ancora una volta differenti momenti qualificanti di un pensiero umanistico alla continua ricerca della definizione di bellezza.


(Testo critico pubblicato in occasione della mostra personale di Stefano Bonacci , "Forms of time", Stamford Arts Centre, Stamford 2006)